Storia della mozzarella di bufala

Storia della mozzarella di bufala campana, il formaggio fresco a pasta filata più buono e più apprezzato al mondo. Scopri tutto quello che c'è da sapere sulla mozzarella di latte di bufala, dalle sue origini ad oggi. In antichità veniva chiamata volgarmente "Mozza" o "Provatura" e i suoi primi cenni storici documentati risalgono al 1300.

La mozzarella di bufala è un latticino prodotto con latte intero e fresco di bufala e le sue origini risalgono ad epoche lontane. Ne sono prova manoscritti e documenti risalenti addirittura al 1300. Infatti l’antica tradizione narra che i monaci del monastero di San Lorenzo di Capua offrivano ai pellegrini in viaggio un formaggio chiamato “mozza” o “provatura”. Un formaggio fresco la cui caratteristica era quella di essere ricavato dal latte di bufala. Molto probabilmente il termine mozza deriva dall’atto del mozzare la pasta filata con indice e pollice. Arte comune a tutti gli esperti casari dediti alla produzione di mozzarella.

La mozzarella e gli allevamenti di bufala

Prescindendo dalle fonti, altri ricostruiscono la storia della mozzarella collegando le sue origini all’introduzione in Italia degli allevamenti di bufala. Infatti, a coloro che sostengono l’origine autoctona dell’animale, si contrappongono quelli che ritengono sia stato introdotto in Italia subito dopo l’invasione dei Longobardi. Altri ancora sostengono che l’animale di origine indiana sia stato introdotto per la prima volta in Sicilia dagli Arabi, e poi portato nel continente dai re Normanni. Infine ci sono coloro che ipotizzano la sua presenza in Italia già in epoca pre-romana.

In ogni caso, le prime notizie documentate che accertano la presenza delle bufale in Italia risalgono al periodo compreso tra il XII e il XIII secolo. Anche se allo stato brado, questi animali trovarono il loro habitat naturale nelle terre paludose del sud Italia. In queste zone, infatti, non era prezioso solo per il suo latte, ma anche perché era il miglior animale da soma per la lavorazione della terra in zone acquitrinose. Presenti sicuramente in Campania, Calabria, Basilicata e Puglia, alcuni cenni storici confermano la presenza di allevamenti anche nel basso Lazio. Tuttavia, la produzione di mozzarelle di bufala era concentrata nel Casertano e in provincia di Salerno alle porte del Cilento.

La mozzarella di bufala nel medioevo

Da quel momento in poi, iniziò un commercio fiorente di latticini prodotti dal latte di bufala. I formaggi freschi come la mozzarella erano destinati ai mercati delle zone di produzione come Capua, Aversa e i mercatini del Salernitano. Le mozzarelle di bufala, infatti, vanno consumate entro pochi giorni dalla loro produzione. Per questa ragione, non percorrevano grandi distanze e, al massimo, venivano vendute nei mercati alimentari delle zone limitrofe a quelle di produzione. Ai mercati più distanti erano invece destinati i prodotti stagionati come la provola, oppure quelli affumicati. Questi si conservavano più a lungo, restando inalterati il gusto, l’aroma e la consistenza.

Di sicuro inizialmente la mozzarella venne considerata solo un sottoprodotto. Questo perché non poteva essere conservata a lungo analogamente alle provole oppure ai latticini che venivano sottoposti a processi di stagionatura o affumicatura. Le mozzarelle di bufala o l’aversana erano destinate ai mercati locali. Solo in un secondo momento se ne valorizzarono le caratteristiche alimentari che portarono la mozzarella ad essere un prodotto di élite per i palati più fini.

Fu questo il momento in cui iniziarono a sorgere i primi caseifici. Se prima la mozzarella veniva prodotta negli stessi locali in cui avveniva la mungitura, a partire dal Medioevo sorsero le prime bufalare. Queste erano delle costruzioni in muratura a forma di cerchio con un corridoio centrale. Qui avveniva la trasformazione del latte di bufala in soffice mozzarella. Siamo, quindi, nel medioevo, il momento in cui per la prima volta si sente parlare di mozzarella di bufala. Questa viene infatti citata in un libro di ricette di Bartolomeo Sappi, cuoco della corte papale dell’epoca. Fino ad allora, il termine utilizzato era “provatura”, ovvero provola. Questa, infatti, si conservava più a lungo adattandosi ai fenomeni di commercializzazione. Infatti, anche nell’iconografia del presepe napoletano, che racconta usi e tradizioni popolari, non v’è mai stata traccia della mozzarella, ma solo di provole.

I borboni e la mozzarella: dalla tenuta di Carditiello alla vaccheria reale di Capodimonte

Sicuramente l’era borbonica rappresenta il periodo di massimo splendore della mozzarella di bufala. Nella seconda metà del 700, infatti, presso la Tenuta Reali di Carditello, il Re Borbone insediò un allevamento di bufale e il primo e più grande caseificio della storia. Si iniziò addirittura a regolamentarne la produzione, stabilendo che le mozzarelle dovevano rimanere nel loro liquido per almeno un giorno, mentre le provole per due. Veniva, inoltre, imposta l’affumicatura dei prodotti che non erano destinati al mercato locale. Insieme alla “Reale Industria della Pagliata delle Bufale” va annoverata la “Vaccheria Reale” sita a Capodimonte, dove le mozzarelle erano realizzate sia con latte di bufala che di vacca. In quel periodo, si iniziò a delineare la geografia delle principali zone di produzione, comprendente il basso Lazio, Caserta, Napoli e Salerno con la mozzarella di Battipaglia e Paestum, fino alla provincia di Foggia nel Gargano. Fu questo il primo esempio di industrializzazione casearia.

La mozzarella dal 1800 ai nostri giorni

Questo periodo di splendore fu seguito da una drastica riduzione di capi bufalini. Da 8000 esemplari censiti agli inizi del 1800 si passò a circa 2000 capi alla fine del secolo. E se i capi bufalini censiti agli inizi del 900 erano circa 20.000, con le bonifiche dell’era fascista ci fu una riduzione di quasi il 50%.

Tuttavia, grazie alla tenacia e alla passione degli imprenditori del sud Italia, il bufalo mediterraneo ha ottenuto il riconoscimento di unicità della razza. La mozzarella di bufala ha così riconquistato il suo primato di latticino fresco. Le sue caratteristiche quali sapore, aroma profumato e consistenza sono apprezzate in tutto il mondo.

Per questa ragione, è chiamata anche “Oro Bianco” ed ha ottenuto la Denominazione di Origine Protetta. Il Consorzio di Tutela, unico organismo riconosciuto dal MIPAAF, è addetto al controllo della filiera produttiva dal controllo del latte al confezionamento delle mozzarelle di bufala.

 

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